- Speaker #0
Benvenute e benvenuti a questo nostro approfondimento. Oggi mettiamo sotto la lente un passaggio davvero fondamentale per chi vuole insegnare Stott Pilates, l'esame pratico, che più che una prova sembra quasi un momento, un momento di verità.
- Speaker #1
Esatto.
- Speaker #0
Per capirlo meglio ci basiamo su un'intervista molto molto chiara con Caroline Berger de Femigni, che è fondatrice dello studio Biopilates Paris e, cosa importante, è lei stessa un'esaminatrice esperta. proprio così una fonte diretta diciamo l'obiettivo qui è andare un po oltre la superficie cosa si cerca veramente in un candidato non è solo la precisione del movimento vero si parla mi sembra di comprensione profonda di coerenza nell'insegnamento di un certo rigore assolutamente e
- Speaker #1
guarda caroline berger usa un'immagine molto potente secondo me dice che l'esame non è una sanzione ma un momento di verità tra sé il proprio insegnamento e il corpo dell'altro.
- Speaker #0
Ah, bella questa immagine!
- Speaker #1
Sì, e questo ci dice subito una cosa fondamentale. Non si tratta solo di tecnica, ma di consapevolezza, di relazione, di come l'insegnante si pone di fronte all'allievo, ecco.
- Speaker #0
Interessante questo concetto di momento di verità. Mi fa pensare, cosa colpisce per primo l'esaminatore? Immagino non sia subito, che so, l'esecuzione tecnica di un esercizio complesso. O sbaglio?
- Speaker #1
No, assolutamente no. Anzi, l'osservazione inizia molto prima. Si guarda l'atteggiamento generale, sai? Come il candidato entra nella sala, come saluta, la sua postura, la sua presenza.
- Speaker #0
Quindi proprio l'approccio.
- Speaker #1
Esatto. Si cerca un'attitudine che sia professionale, certo, ma allo stesso tempo rispettosa, concentrata e anche calma, serena. Non deve essere una performance teatrale, insomma, ma una dimostrazione di... Di integrità professionale.
- Speaker #0
Capisco.
- Speaker #1
E poi c'è un momento chiave, proprio all'inizio. Il primo contatto con la persona che farà da soggetto, diciamo così, durante l'esame.
- Speaker #0
Ah, ecco.
- Speaker #1
Il candidato deve, beh, salutarla, chiedere come sta, se ha magari dolori particolari, che tipo di attività fa, un minimo della sua storia. Sembra una cosa banale, forse.
- Speaker #0
Invece immagino sia fondamentale.
- Speaker #1
Eh sì, perché trasforma quel corpo da un oggetto di studio quasi astratto a una persona reale, con le sue specificità, la sua storia.
- Speaker #0
Questo mi colpisce molto. È come se già da lì si capisse tanto dell'insegnante, no? Caroline Berger dice una cosa bella riguardo. Un buon insegnante non insegna mai nel vuoto. Insegna a un corpo vivo, con una memoria.
- Speaker #1
Esattamente.
- Speaker #0
Quindi quel primo dialogo rivela subito il rispetto, la capacità di ascolto, la qualità della presenza dell'insegnante. Mette le basi per un insegnamento che sia davvero centrato sull'altro.
- Speaker #1
Proprio così. Dà il tono a tutto il resto.
- Speaker #0
E dopo questo primo impatto, diciamo, si entra nel vivo con l'analisi posturale. L'intervista la menziona come la prima prova concreta. Come funziona esattamente?
- Speaker #1
Beh, è una fase abbastanza definita. Dura circa dieci minuti. Il candidato fa posizionare il soggetto rispetto a una linea di piombo, che è un riferimento verticale neutrono. Per osservare come il corpo si organizza rispetto alla gravità.
- Speaker #0
Ok.
- Speaker #1
E l'analisi è molto sistematica. Si osserva su tre piani, profilo, fronte e retro, e si esamina ogni segmento corporeo, partendo dai piedi fino alla testa. Quindi piedi, ginocchia, bacino, gabbia toracica, spalle, capo. Tutto viene osservato con metodo.
- Speaker #0
Un check-up completo praticamente.
- Speaker #1
Sì, ma non è solo un'osservazione statica, attenzione. Si aggiungono anche due test specifici per valutare la mobilità della colonna vertebrale.
- Speaker #0
Ah, ok. E a cosa servono?
- Speaker #1
Servono a individuare quelle che vengono chiamate zone piatte, cioè quei tratti della colonna dove il movimento è più limitato, più rigido diciamo.
- Speaker #0
Capisco.
- Speaker #1
Sono importanti perché svelano un po' la meccanica di quella colonna e soprattutto come il resto del corpo magari compensa queste rigidità. Come dice Berger, se un segmento non si muove come dovrebbe, il resto del corpo deve adattarsi e l'insegnante bravo deve accorgersene.
- Speaker #0
E qui... Durante l'analisi, cosa si valuta precisamente? Non basta solo descrivere quello che si vede, giusto? Berger mi sembra molto chiara su questo punto.
- Speaker #1
Sì, chiarissima. Dice proprio, non è la quantità di parole, ma la qualità dello sguardo. Non cerca una lezione di anatomia.
- Speaker #0
Certo.
- Speaker #1
Voglio sentire una descrizione chiara, precisa. La comprensione del corpo in movimento. Cioè, non si tratta di sfoggiare conoscenze anatomiche e fini a se stesse.
- Speaker #0
Ma di collegarle alla funzione.
- Speaker #1
Esatto. Esatto, dimostrare di aver capito il legame tra quella struttura specifica che stai osservando e come funziona, come si muove. È una specie di intelligenza visiva applicata alla biomeccanica.
- Speaker #0
Ok, chiarissimo. Quindi, una volta che il candidato ha visto e, si spera, compreso il corpo che ha di fronte, attraverso questa analisi, come si passa dal vedere al fare? Come si traduce questa osservazione in un piano d'azione per la lezione che seguirà?
- Speaker #1
Qui entra in gioco un concetto chiave che Berger chiama lo stated focus, cioè l'obiettivo dichiarato della lezione. È una conclusione sintetica, ma deve essere molto chiara.
- Speaker #0
E deve derivare dall'analisi, immagino.
- Speaker #1
Assolutamente. Deve nascere logicamente dall'analisi posturale appena fatta. E questo focus diventa la bussola, sai, quella che orienta tutta la sessione di lavoro.
- Speaker #0
Mi fai un esempio pratico? di come potrebbe suonare questo focus.
- Speaker #1
Beh, Berger suggerisce qualcosa tipo basandomi su quello che ho osservato, ad esempio una certa rigidità qui, una debolezza là, il mio obiettivo oggi sarà allungare questa zona specifica, rinforzare quest'altra, mobilizzare questa articolazione per creare più equilibrio generale. Deve essere un'intenzione pedagogica precisa, concreta.
- Speaker #0
E realizzabile nell'ora di lezione, suppongo.
- Speaker #1
Certo. e dà una direzione chiara a tutto quello che seguirà a tutti gli esercizi scelti.
- Speaker #0
Quindi, se ho capito bene, questo focus agisce proprio come una sorta di filo conduttore per la lezione. Evita che sia solo una sequenza di esercizi magari tecnicamente corretti, ma senza un legame con quella specifica persona in quel momento.
- Speaker #1
Esattamente. È quello che dà senso e coerenza all'intera ora. Impedisce la dispersione, sai, e assicura che ogni esercizio scelto contribuisca davvero all'obiettivo che ti si è posta all'inizio, basandoti sull'osservazione.
- Speaker #0
Ok, e parlando di coerenza, il metodo STOT si basa sui famosi 5 principi fondamentali. Che ruolo giocano nell'esame? È sufficiente conoscerli a memoria?
- Speaker #1
Beh, i 5 principi parliamo di respirazione, posizionamento del bacino, della gabbia toracica, delle scapole e della testa colonna cervicale. Sono davvero il cuore del metodo. Ognuno ha una sua logica biomeccanica precisa, no?
- Speaker #0
Certo.
- Speaker #1
Il respiro per la stabilità del tronco, il bacino per la postura lombare, la gabbia toracica che influenza la mobilità toracica, le scapole per la stabilità delle braccia, la testa per l'allineamento generale. Ma all'esame, ecco, non interessa tanto che il candidato li reciti a pappagallo.
- Speaker #0
Immaginavo. E quindi?
- Speaker #1
Quindi l'esaminatrice vuole vedere se il candidato li sa far vivere. Devono essere integrati nell'insegnamento, nelle correzioni, nelle indicazioni verbale tattili. Berger dice proprio, voglio vedere se il candidato comprende questi principi nel corpo.
- Speaker #0
Nel corpo, non solo nella testa.
- Speaker #1
Esatto, non sulla carta, ma nel movimento che sta guidando in quel momento.
- Speaker #0
E questo mi collega a un punto interessante che emerge dall'intervista. L'esaminatrice può fare domande mirate durante la lezione, tipo, perché hai scelto un bacino neutro qui? Oppure Cosa succede se la gabbia toracica si muove troppo in questo esercizio?
- Speaker #1
Sì, domande del genere servono proprio a testare la comprensione profonda, il perché di una certa scelta tecnica o correzione, non solo il come si fa l'esercizio. Dimostra che non stai solo eseguendo una sequenza, ma che capisci la logica biomeccanica sottostante.
- Speaker #0
Quindi la conoscenza del repertorio da sola non basta affatto?
- Speaker #1
No, deve essere supportata dalla comprensione dei principi.
- Speaker #0
Bene, chiarissimo. Passiamo ora all'architettura della lezione stessa. Deve seguire uno schema molto rigido oppure c'è un certo margine di manovra per il candidato?
- Speaker #1
Diciamo che la struttura ha dei punti fermi. Si richiedono otto esercizi del livello fondamentale, quattro dell'intermedio. E poi ci sono fino a due esercizi definiti joker.
- Speaker #0
Joker? In che senso?
- Speaker #1
Beh, non sono improvvisazione pura, attenzione. Sono una verifica importante. Servono a vedere se il candidato conosce bene tutto il repertorio che ha studiato e soprattutto se sa pescare l'esercizio giusto al momento giusto, in modo coerente con il focus e con la persona che ha davanti.
- Speaker #0
Quindi non è scegliere un esercizio a caso?
- Speaker #1
Assolutamente no. Come dice Berger, il Joker dimostra la comprensione della logica del manuale, non solo l'aver memorizzato delle sequenze fisse. È una prova di flessibilità ragionata.
- Speaker #0
Capito. E c'è un modo specifico per iniziare la lezione?
- Speaker #1
Sì, un altro dettaglio strutturale importante. Si inizia sempre con due preparazioni specifiche, che sono l'HUD Prep e il Breaststroke Prep.
- Speaker #0
E perché proprio quelle?
- Speaker #1
Funzionano un po' da ponte, diciamo, tra i principi base, quelli di cui parlavamo prima, e gli esercizi più complessi che verranno dopo. E permettono all'esaminatrice di valutare fin da subito aspetti chiave come il controllo del core, la qualità del respiro, L'organizzazione generale del movimento del candidato nel guidare l'allievo è un primo test importante.
- Speaker #0
Ok. E la lezione nel suo complesso deve avere un suo flusso, una progressione logica, vero? Si parla spesso di riscaldamento, mobilizzazione, stabilizzazione. Berger usa un'immagine molto bella, quella della conversazione. Bisogna dare tempo al corpo di rispondere.
- Speaker #1
Esatto. Questo mi suggerisce che la fluidità e la coerenza siano più importanti della difficoltà tecnica fine a se stessa.
- Speaker #0
O sbaglio?
- Speaker #1
Non sbaglio affatto, la progressione logica, quindi un riscaldamento adeguato, poi la mobilizzazione delle articolazioni, il lavoro sulla stabilità del centro, esercizi di coordinazione magari un po' più complessi e infine l'integrazione è fondamentale.
- Speaker #0
Ha senso.
- Speaker #1
Non si tratta di impressionare con esercizi avanzatissimi, ma di costruire una lezione che abbia senso per quel corpo in quel momento, seguendo il focus che si è stabilito all'inizio. La conversazione implica proprio ascolto e adattamento. non l'imposizione di uno schema rigido. Quindi sì, fluidità e coerenza battono la spettacolarità.
- Speaker #0
Perfetto. E arriviamo così alla valutazione finale. Come si arriva al punteggio? C'è una griglia specifica, immagino?
- Speaker #1
Sì, il sistema è piuttosto trasparente. Ci sono dieci criteri di valutazione ben definiti e ogni criterio riceve un punteggio che va da 6 a 10.
- Speaker #0
Ok.
- Speaker #1
Per superare l'esame, il candidato deve raggiungere almeno il 75% del punteggio totale massimo. Questo sistema, diciamo, garantisce che il giudizio si basi sulla performance complessiva, sulla coerenza generale, non magari solo sull'eccellenza in un singolo aspetto a scapito di altri.
- Speaker #0
E quali sono queste dieci aree a grandi linee?
- Speaker #1
Beh, coprono un po' tutte le fasi e le competenze che abbiamo toccato. Alcuni riguardano la pianificazione e l'osservazione, come l'analisi posturale e la definizione del focus. Altri valutano le abilità di insegnamento vere e proprie, come si danno le istruzioni, il famoso cueing verbale e tattile, come si correggono gli errori, come si adattano gli esercizi alle necessità della persona, cioè le modifiche.
- Speaker #0
Certo.
- Speaker #1
Poi ci sono criteri sulla conoscenza effettiva del contenuto, del repertorio, sull'applicazione pratica dei cinque principi, sulla postura stessa del candidato mentre insegna, che è importante, e infine sulla gestione del ritmo della lezione e del tempo a disposizione.
- Speaker #0
Sembra davvero che... tutto sia collegato. Mi torna in mente quella frase chiave di Berger che citavi prima, l'esame valuta la capacità di collegare.
- Speaker #1
Proprio così.
- Speaker #0
Puoi essere bravissima a dare istruzioni, ma se l'analisi posturale è stata superficiale o il focus non c'entra nulla con gli esercizi che poi scegli, beh tutto l'impianto perde di significato. È la coerenza tra il vedere, il pensare e il fare che viene premiata.
- Speaker #1
Esattamente, la coerenza è davvero la
- Speaker #0
parola chiave che emerge continuamente da questa intervista è il filo rosso e da tutto questo discorso sai cosa emerge forte secondo me anche una dimensione etica non solo puramente tecnica sembra quasi che l'esame valuti anche la coscienza dell'insegnante ma assolutamente sì berger insiste molto su questo punto si
- Speaker #1
valuta il rispetto per l'unicità di ogni corpo la capacità di osservare prima di intervenire, di adattare l'esercizio alla persona reale che hai davanti. Non ha un modello ideale astratto.
- Speaker #0
L'umiltà di partire dal reale.
- Speaker #1
Esatto. È un insegnamento che parte dal reale, con umiltà e attenzione. Non si tratta solo di forza o flessibilità, ma di consapevolezza, sia dell'insegnante che dell'allievo.
- Speaker #0
E questo si collega anche agli errori più comuni che i candidati commettono, menzionati nell'intervista.
- Speaker #1
Direi di sì. Uno dei più frequenti, infatti, è proprio la disconnessione tra il focus dichiarato all'inizio e gli esercizi che poi vengono proposti. A volte sembra quasi che si reciti una lezione imparata a memoria ignorando l'analisi fatta magari solo pochi minuti prima.
- Speaker #0
Ah, ecco. Un classico errore, forse.
- Speaker #1
Purtroppo sì. Un altro errore comune è non modificare gli esercizi quando è palesemente necessario per le esigenze specifiche del soggetto. Pensa a una persona con un ginocchio fragile o una simetria evidente. E il candidato magari procede come se nulla fosse, seguendo il manuale alla lettera.
- Speaker #0
Grave questo.
- Speaker #1
Eh sì. E poi c'è il ritmo. A volte lezioni troppo frettolose, dove si perde il controllo e la qualità, oppure al contrario troppo lente e noiose, che spengono l'attenzione e l'energia. Trovare il giusto flusso è un'arte.
- Speaker #0
Mi piace molto l'immagine usata da Berger, che hai già citato. Insegnare scena paresi te, se dialoghe, non è una recita, è un dialogo.
- Speaker #1
Bellissima, vero?
- Speaker #0
E l'obiettivo finale, dice sempre lei, è che il corpo guidato deve ressortir... più liber che il neon 3. Deve uscire dalla lezione sentendosi più libero, più consapevole, più integrato. Questo riassume magnificamente lo scopo più alto dell'insegnamento, direi.
- Speaker #1
Condivido pienamente.
- Speaker #0
Una volta superato questo esame, che sembra così complesso e profondo, è un punto d'arrivo, o è forse l'inizio di qualcos'altro. E come descriverebbe Berger il candidato che dimostra vera maturità, quello ideale, diciamo?
- Speaker #1
Allora, sull'esame come punto d'arrivo Berger è chiarissima. È visto come una base solida, fondamentale, ma non certo come il traguardo finale. Anzi,
- Speaker #0
è un inizio.
- Speaker #1
La correttezza profonda del gesto e dell'approccio.
- Speaker #0
La ricerca continua.
- Speaker #1
Esatto. Un buon insegnante non smette mai di imparare, di affinare il suo sguardo, il suo tocco. Anzi, viene proprio incoraggiata l'apertura verso altre discipline, l'osteopatia, la danza, le neuroscienze, tutto ciò che può arricchire la comprensione del movimento umano.
- Speaker #0
E il candidato ideale, secondo lei, com'è?
- Speaker #1
Beh, non è definito da virtuosismi tecnici spettacolari. La sua qualità principale, ancora una volta, è la coerenza. È quella persona che guarda prima di agire, che ascolta prima di parlare, che adatta prima di correggere in modo generico.
- Speaker #0
Quindi l'attenzione all'altro.
- Speaker #1
Sì, insegna per l'altro, non per sé o per dimostrare quanto è bravo, o per prendere un bel voto. La sua lezione trasmette chiarezza, precisione, ma anche benevolenza, cura. Non è necessariamente chi impressiona, ma come dice Ilma Berger, chi illumina. chi porta consapevolezza nel movimento. È un vero pedagogo del corpo.
- Speaker #0
Mi piace molto questa descrizione. C'è poi un dettaglio nell'intervista che mi ha colpito, perché rivela quanto sia serio questo processo anche dal lato dell'esaminatore. Il tempo dedicato alla valutazione effettiva.
- Speaker #1
Sì, è un punto che fa capire il rigore del sistema. Oltre allora direzione pratica che l'esaminatore osserva attentamente.
- Speaker #0
Certo.
- Speaker #1
Poi dedica più di due ore e mezza supplementari Grazie. a rivedere il video, controllare minuziosamente ogni criterio rispetto alla griglia di valutazione e soprattutto a scrivere un report dettagliato e motivato. Ogni punteggio deve essere giustificato con osservazioni precise.
- Speaker #0
Due ore e mezza in più per ogni esame. È tanto.
- Speaker #1
È un investimento di tempo notevole, sì. Ma è quello che garantisce la qualità e l'affidabilità della certificazione Stott Pilates. È un impegno serio verso la professionalità degli insegnanti futuri. e indirettamente verso la sicurezza e il benessere degli allievi che poi seguiranno.
- Speaker #0
Tirando le somme allora, possiamo dire che l'esame pratico Stott Pilates è decisamente molto, molto, più di una semplice verifica tecnica. Mette alla prova un insieme davvero complesso di abilità. Osservazioni acuta, analisi biomeccanica, pianificazione logica, comunicazione efficace, capacità di adattamento e una comprensione profonda non solo del metodo ma proprio del corpo umano in movimento.
- Speaker #1
Proprio così. Misura la capacità del candidato di incarnare realmente i principi del metodo nel proprio insegnamento. C'è una frase di Berger, forse la più potente di tutte. Ciò che valuto non è ciò che sai, è ciò che incarni.
- Speaker #0
Forte, dice tutto.
- Speaker #1
Sì, la coerenza tra la conoscenza teorica, l'osservazione attenta sul campo, l'azione pedagogica che ne consegue. e il rispetto profondo per la persona è veramente il cuore della valutazione.
- Speaker #0
L'obiettivo finale non è quindi la perfezione meccanica, magari irraggiungibile e un po' fredda, ma questa giustesse, questa giustezza che menzionava Berger, un equilibrio sottile tra la precisione tecnica necessaria e la sensibilità umana, tra il rigore del metodo e la capacità empatica di ascolto. Essere giusti Nel modo di guardare, di parlare, di toccare, di guidare.
- Speaker #1
Esattamente. E proprio riflettendo su questo concetto di giustesse, che cerca un equilibrio così delicato tra competenza tecnica ed etica professionale, potremmo forse lanciare uno spunto finale per chi ci ascolta.
- Speaker #0
Interessante. Sentiamo.
- Speaker #1
Se un modello di valutazione come questo, che guarda non solo al cosa si fa, ma soprattutto al come e al perché lo si fa, si dimostra efficace nel formare insegnanti più consapevoli e presenti nel Pilates, Beh, viene da chiedersi, quanto potrebbe essere d'ispirazione magari per rivedere i processi di formazione e certificazione anche in altri campi?
- Speaker #0
Intendi al di fuori del Pilates?
- Speaker #1
Sì, penso a settori anche molto diversi, dove però la componente pratica, l'interazione umana, la consapevolezza dell'impatto delle proprie azioni sono altrettanto cruciali. Potrebbe questo approccio più olistico alla valutazione, che integra tecnica ed etica, avere delle applicazioni più ampie? È solo una riflessione, ma credo valga la pena pensarci.